Una delle ipotesi più recenti che potrebbe spiegare i meccanismi sottostanti i processi di imitazione, empatia, e mostrare quali sono le basi neuronali implicate nell’autismo viene dalle neuroscienze: la scoperta dei “neuroni a specchio” (mirror neurons).
Il neurone a specchio è un neurone specifico che si attiva sia quando si compie un’azione, sia quando la si osserva mentre è compiuta da altri. Il neurone dell’osservatore ”rispecchia” quindi il comportamento dell’osservato, come se stesse compiendo l’azione egli stesso; nell’uomo oltre ad esser localizzati in aree motorie e premotorie, si ritrovano anche nell’area di Broca e nella corteccia parietale inferiore. La ricerca, diretta da Giacomo Rizzolatti e portata avanti dall’Istituto di Fisiologia dell’Università di Parma all’inizio degli anni ’90, portò alla scoperta di questi neuroni, nella corteccia premotoria dei macachi (Rizzolatti et al., 1996; Gallese et al., 1996). Questa ricerca sui macachi, trovò un suo corrispettivo nello studio dei neuroni a specchio nell’uomo, dove si è osservato che sensazioni tattili altrui riescono ad attivare gli stessi circuiti nervosi eccitati durante l’esperienza in prima persona di essere toccati (Keysers et al., 2004; Blakemore et al., 2005).
L’individuo infatti, sin dalla nascita, ha una capacità innata e preprogrammata, di internalizzare, incorporare, assimilare, imitare, lo stato di un’altra persona, e i neuroni a specchio costituiscono la base di questa capacità. Si potrebbe pensare quindi che la difficoltà dei bambini con autismo nell’imitare, nel capire il comportamento degli altri come finalizzato ad uno scopo, che li porterebbe a sviluppare bassi livelli di empatia, sia in una alterazione di questi circuiti neuronali.