Metodologia utilizzata

Le metodologie utilizzate per la definizione e la realizzazione di un progetto individualizzato sul bambino e sul ragazzo con Disturbo dello Spettro Autistico sono

evidence based, riconosciute a livello internazionale ed indicate nelle Linee Guida dell’Intervento della SINPIA: ABA (Applied Behavior Analysis), programma TEACCH (Treatment Education Autistic Communication Children Handicapped), CAA (Comunicazione Alternativa Aumentativa), approccio Etodinamico.

In particolare, nell’approccio PEIAD vengono utilizzate strategie di osservazione, raccolta dati ed intervento ispirati all’approccio ABA (Applied Behaviour Analysis), che usa metodi basati sull’apprendimento operante, al fine di costruire repertori comportamentali socialmente utili e ridurre quelli problematici. Essa parte dal presupposto che l’acquisizione di un comportamento avviene mediante la relazione tra stimolo e risposta, sulla base della conseguenza che tale risposta produce per il soggetto.

Infatti, l’approccio comportamentale si basa sul presupposto che un comportamento è in funzione delle sue conseguenze, che possono essere rinforzanti o riducenti. Una conseguenza è rinforzante se aumenta la frequenza di emissione del comportamento, che si ripeterà più spesso in futuro; è riducente se essa riduce la frequenza del comportamento, che si verificherà sempre meno nel futuro. Naturalmente la scelta di un evento come riduttore o rinforzatore varia da un caso all’altro e dipende da quanto ciascun bambino consideri quell’evento come piacevole o spiacevole.

Inoltre, per l’apprendimento di abilità e competenze viene utilizzato sia il DDT (Discrete Trial Training), che permette l’insegnamento di alcune competenze che richiedono la ripetizione delle abilità e non sono naturalmente motivanti, in un ambiente strutturato e, comunemente conosciuto come “lavoro al tavolino”, attraverso l’apprendimento senza errori e l’uso del  rinforzo positivo, sia il NET (Natural Environmental Teaching) un insegnamento che avviene in ambiente naturale e consiste nello sfruttare e/o ricreare situazioni di vita quotidiana, per fornire opportunità di apprendimento al bambino, partendo dagli interessi e motivazioni del bambino stesso.

 

In particolare, con l’utilizzo della metodologia del T.E.A.C.C.H., il nostro obiettivo è quello di sviluppare il miglior grado possibile di autonomia del soggetto autistico, nella sua vita personale, lavorativa e sociale, attraverso strategie educative che potenzino capacità come quelle imitative, percettive, motorie, d’integrazione oculo-manuale e la comprensione, rispettando i quattro criteri fondamentali definiti da Schopler nel 1980):

-     modello di interazione, che pone l’accento sulla necessità di contestualizzare una certa tecnica d’intervento all’interno del sistema di relazioni in cui il bambino si trova (famiglia, scuola, ambiente quotidiano di vita) e dove si possono cogliere meglio i suoi particolari bisogni e il suo potenziale di apprendimento;

-     prospettiva di sviluppo, in base alla quale, nel definire l’intervento riabilitativo, si deve tener conto del livello di sviluppo globale del bambino e cioè delle sue aree deboli come di quelle in cui mostra maggiori capacità;

-     relativismo del comportamento, con riferimento alla particolare difficoltà, che si osserva nei bambini con Disturbi Generalizzati dello Sviluppo, a generalizzare ad ambiti diversi da quello in cui è stata appresa una risposta comportamentale. Da ciò l’importanza di definire obiettivi specifici per ogni contesto;

-     gerarchia di addestramento, che, infine, indica la necessità di definire delle priorità tra i problemi da affrontare con il bambino autistico. L’intervento educativo è finalizzato a modificare, in primo luogo, i comportamenti che mettono a rischio la vita del bambino; in secondo luogo, quei problemi che riguardano la capacità del bambino di adattarsi all’ambiente familiare; come terza priorità c’è l’adattamento al contesto scolastico, e, come quarta, l’adattamento alla comunità extrascolastica.

Per lavorare sullo sviluppo di competenze comunicative, viene utilizzata la Comunicazione Aumentativa/Alternativa (CAA), ossia l'insieme di conoscenze, di tecniche, di strategie e tecnologie che è possibile attivare per facilitare la comunicazione con persone che presentano una carenza o un'assenza, temporanea o permanente, nella comunicazione verbale.

Una delle metodologie della CAA maggiormente utilizzata nel nostro approccio è il PECS “Picture Exchange Communication System” (Sistema di Comunicazione mediante Scambio per Immagini), che punta allo sviluppo della Comunicazione Funzionale e della Comunicazione come Scambio Sociale, attraverso un programma di apprendimento a piccoli passi che comprende 6 fasi (Fasi I - VI), mediante l'uso di Rinforzi, con l'obiettivo di incoraggiare la spontaneità e l'iniziativa del bambino nella comunicazione.

Inoltre, oltre all’uso di ausili low–tech (a bassa tecnologia), che corrispondono a supporti sempre disponibili al soggetto e a lui ben accessibili, sui quali sono disposti ed organizzati i simboli con lui concordati, a partire dall'analisi dei significati di cui il soggetto stesso necessita nei suoi contesti di vita, vengono utilizzati anche Ausili high–tech, che  hanno lo scopo di permettere l'uscita in voce dei contenuti e dei messaggi selezionati dalla persona sostenendo l'immediatezza dell'interazione, come i VOCAs (Vocal Output Communication Aids) o strumenti più sofisticati che permettono la registrazione e la produzione di un numero elevato di significati e un significativo repertorio di messaggi più articolati.

Per quanto riguarda l’intervento sull’area del comportamento e della gestione delle emozioni, viene utilizzata la tecnica del Contenimento Evolutivo, che trova le sue radici negli studi effettuati dagli approcci etodinamici (Tinbergen, Tinbergen, 1984) e dalla successiva sintesi clinica sperimentata da Michele Zappella (1996). Questa tecnica, che con i bambini più piccoli può prevedere l’uso del corpo dell’operatore come contenitore, mentre in altri casi si avvale dell’uso della voce, ha l’obiettivo di sviluppare nella persona con disabilità una consapevolezza delle proprie emozioni, accompagnandola a dare loro un nome e a trasformarle.

Il Contenimento Evolutivo, come viene sintetizzato ed applicato nel P.E.I.A.D. si suddivide in quattro fasi: individuazione, attivazione, armonizzazione e fusione. Nella fase di individuazione, attraverso un’analisi attenta, mediata dall’utilizzo di schede di rilevazione dei dati e da un ascolto profondo, si focalizza l’emozione che il bambino fa fatica a gestire. Nelle fasi di attivazione e armonizzazione, spesso, si verifica un picco in alto dell’emozione in questione e il bambino viene accompagnato a viverla ed attraversarla, in uno spazio amorevole ed accogliente, creato e gestito dall’adulto. Nella fase di fusione il bambino e l’adulto provano le medesime emozioni e sensazioni, l’adulto gestisce quanto sta succedendo e si offre al bambino, come canale dell’esperienza trasformativa. A questo punto il bambino è pronto per introiettare l’esperienza e separarsi.