Il valore educativo della palla

Tra i vari oggetti ed attrezzi che possono essere utilizzati nei vari sport, la palla è lo strumento che maggiormente può essere interpretato in maniera polivalente, stimolando varie abilità e vari distretti corporei. La palla, in effetti, è un centro di interesse universalmente riconosciuto, qualunque sia la cultura, l’età e la struttura sociale.

L’uso individuale, poi a coppie, infine a gruppi della palla dovrebbe essere basato sull’interesse che il bambino autistico dimostra verso l’attrezzo e ciò avviene attraverso un modo piacevole di compiere movimenti naturali, di rapportarsi con l’oggetto, con lo spazio e con il tempo con la massima spontaneità; da qui, poi si possono porre le basi per un uso più tecnico della palla.

Si tratta, quindi, di scoprire ed analizzare tutti i possibili rapporti che si possono instaurare con questo oggetto, mediante la globalità ed i segmenti del proprio corpo, per un successivo miglioramento delle abilità apprese. La palla, infatti, è sempre stato l’oggetto, sia per forma che per le sue infinite variabili di utilizzo (pallavolo, basket, tennis, calcio, ecc.), che ha sempre accompagnato i ragazzi nei giochi più svariati.

In termini educativi e motori, la palla è il mezzo con il quale si possono effettuare esercizi relativi alla sensomotorietà, per esempio lavorando sulla presa della palla, e alla ideomotricità, ad esempio lavorando sul lancio, calibrando l’allenamento in rapporto alla situazione specifica, al contesto, all’età, al livello evolutivo, all’interesse del bambino.

Nell’ambito di lavoro con i bambini autistici, il lancio della palla rappresenta all’inizio, spesso, l’esplosione dinamica e gioiosa, senza alcun obiettivo utilitario, con il passare del tempo questo gesto può diventare sempre più consapevole, l’interazione con l’oggetto attenta e pienamente gestita, fino a raggiungere una competenza motoria che rimarrà nel tempo.

La presa della palla, invece, richiede un’ottima coordinazione, una capacità di attenzione ed anticipazione, una buona percezione dello spazio e del tempo. È quindi chiaro che il lavoro su questo esercizio influisce sull’acquisizione di tutte queste competenze psicomotorie.

Nel basket, il significato che assume la palla può andare ancora oltre: il passaggio, la ricezione e il tiro possono diventare metafore del proprio rapporto con il mondo, caricarsi di significati profondi.

Attraverso il rapporto con la palla, il bambino autistico può parlarci del suo rapporto con l’altro e allo stesso tempo, attraverso una pratica costante degli esercizi, può imparare a modificare alcuni sui automatismi, aprendosi alla relazione.

“Le mani aperte per un secondo verso la palla di un ragazzo autistico sono un’apertura sofferta verso un mondo che non sente suo. Se non viene notata, quel mondo si allontana sempre più; se viene valorizzata, c’è una speranza che quel mondo si avvicini.” (Calamai, 2008, 86).

Il percorso che porta al passaggio non è sempre semplice e implica degli “step” intermedi. Il bambino prima deve accettare la palla, conoscerla, esplorarla, fino a volerla tenere con sé, tanto che a volte fatica a lasciarla andare. Nel momento in cui accetta di passarla, sta facendo dei passi verso la condivisione di uno strumento di gioco. E ancora un passo successivo sta nell’imparare a continuare l’attenzione sull’oggetto e, progressivamente, sul compagno di gioco.

Il gesto del lancio è un mezzo sia per relazionarsi all’altro, sia di verifica del livello relazionale raggiunto.

Il lancio rappresenta il prolungamento fisico del lanciatore, allo stesso tempo la ricezione mediante la presa può indicare la predisposizione del bambino autistico all’accettazione del corpo di chi lancia.

La palla può, quindi, essere un ponte verso l’altro da sé, un elemento fisico di scambio, che insegna la possibilità di dare e ricevere.