Le difficoltà relazionali nell’autismo: Il basket come opportunità di Integrazione

Nel bambino sono presenti, fin dalla nascita, comportamenti sociali ed emozionali: attraverso l’espressione delle sue emozioni, nel momento in cui non si è ancor sviluppato il linguaggio verbale, il piccolo interagisce con l’ambiente e vede soddisfatti i suoi bisogni.

È dall’interazione, intesa come reazione circolare tra aspetti emotivi e sociali, che la risposta emotiva del bambino si organizza e si modifica.
Nei Disturbi dello Spettro Autistico, è frequente la presenza di difficoltà, spesso importanti, nella modulazione dell’affettività, che si manifestano con comportamenti inappropriati alle diverse situazioni psicosociali ed ambientali. I soggetti autistici possono mostrare reazioni incontrollabili di paura o di rabbia, di fronte a situazioni ordinarie di vita; spesso gli accessi di collera o le reazioni incontenibili di ansia sono causate da interruzioni o intrusioni nei loro rituali o da cambiamenti nell’ambiente.
Nell’area dei rapporti interpersonali, ci possono essere atteggiamenti di estremo isolamento, di chiusura e indifferenza di fronte alle interazioni umane, accanto ad atteggiamenti che non tengono conto del confine con l’altro, quali salire in braccio a persone sconosciute, baciare tutti, etc.
Sono state individuate 3 tipologie di comportamento sociale, tipiche della popolazione autistica (Wing e Attwood, 1987):

  • Ritirato, consistente in un atteggiamento di isolamento ed evitamento del contatto con l’altro: è il caso di quei bambini che non rispondono a qualsiasi proposta di gioco o interazione, che si limitano ad osservare gli altri;
  • Passivo, consistente in una mancata ricerca dell’interazione, pur nell’accoglienza delle proposte relazionali derivanti dall’esterno: è il caso di quei bambini che desiderano il rapporto con l’altro e lo sperimentano con piacere, ma non hanno le abilità necessarie ad iniziare spontaneamente un gioco o un contatto;
  • Attivo ma bizzarro, consistente nella ricerca dell’approccio con l’altro, in modalità inappropriate e con finalità di soddisfacimento di propri bisogni: è il caso di quei bambini che sono molto attivi nei rapporti, ma non rispettano le regole di base della prossemica, abbracciando persone sconosciute, ad esempio.

 Il basket come opportunità di Integrazione


L’integrazione è un momento di crescita personale: è un’apertura verso l’altro, che consente uno scambio tra persone che si trovano in situazioni differenti, con un bagaglio culturale ed esperienziale diverso.
Il processo di integrazione richiede un’apertura reciproca e cambiamenti continui, sia da parte della persona, sia da parte del contesto nel quale vuole inserirsi e di tutte le persone che ne fanno parte.
L’integrazione, infatti, non è un automatico inserimento oppure un porre accanto o dentro; è un processo costituito, invece, da intenzionali e consapevoli passi per far in modo che la propria parte si integri e si modifichi, per facilitare il funzionamento di tutte le altre parti e dell’organismo più ampio.
Per realizzare l’integrazione, dunque, sono necessarie modifiche profonde, persistenti e continuative di tutti coloro che fanno parte del sistema: organizzazione, rapporti fra i vari soggetti, aspettative, modi di guardare e valutare, ecc.
Per rispondere a questa necessità, una grande opportunità viene offerta dal gioco del basket, uno sport che unisce, mette in relazione, crea occasioni di contatto e stimola a nuove conoscenze. Per questo motivo, può rappresentare una preziosa opportunità, per integrare persone diversamente abili e persone normodotate: attraverso la palla, i bambini possono scambiare, elevarsi, evolvere e guardare verso l’alto.
La condivisione anche di un semplice allenamento permette di lavorare sulla relazione tra pari, permette di scoprire funzioni e talenti diversi e di incontrare dei coetanei su un campo diverso da quello scolastico, un campo dove la diversità sfuma nella gioia di un gioco comune.
Questa è l’esperienza del Progetto Basket e Autismo - Il Filo dal Canestro, che nasce nel 2003, con l’obiettivo di offrire a persone con autismo la possibilità di vivere, in un gruppo di coetanei, un’esperienza di sport attraverso il basket, grazie alle metodiche previste dall'approccio P.E.I.A.D. (Progetto Educativo Integrato Autismo e Disabilità).
Nel corso degli anni, il Progetto comprende, non solo sessioni di allenamento di basket all’interno del gruppo dei partecipanti, ma anche esperienze di integrazione con squadre under 14, 17 e 19.
L'assunto di base del Progetto è quello di offrire ai ragazzi autistici, e con diagnosi affini, la possibilità di praticare uno sport, in gruppo, che li accompagni prima ad armonizzare i propri movimenti e a migliorare le proprie capacità di relazione, e poi ad integrarsi in contesti di gioco con atleti normodotati.
Con la scelta di creare esperienze di integrazione, si va incontro all’esigenza più profonda di ogni ragazzo in difficoltà, di avere occasione di giocare con un coetaneo.
Le esperienze di integrazione offrono un’opportunità di crescita non solo per i giovani disabili, ma anche per gli atleti normodotati, che possono vivere una parte della propria crescita da sportivi, a contatto con un universo troppo spesso ignorato e sconosciuto: per un giocatore di basket normodotato, l’aprirsi ad esperienze di contatto con la disabilità, significa sviluppare qualità, come l’empatia e l’accettazione, che sostengono a giocare in una squadra, in generale.
Lo sport diventa allora una possibilità di incontro, con se stessi e con gli altri, in uno spazio che richiama il piacere.