L’autismo e COVID: difficoltà e attivazione di risorse

La persona autistica ha bisogno di una strutturazione del tempo e dell’ambiente, ha necessità di sapere esattamente cosa ci si aspetta da lui in un certo momento e in un certo luogo,

L’Intervento Abilitativo Domiciliare
Le testimonianze
Il punto di vista dell’operatore
Il punto di vista dei genitori
Conclusioni

La persona autistica ha bisogno di una strutturazione del tempo e dell’ambiente, ha necessità di sapere esattamente cosa ci si aspetta da lui in un certo momento e in un certo luogo, che cosa succederà in seguito, dove e con chi: questo permette di avere un orientamento spazio temporale e di rassicurarsi, riducendo il livello di ansia, legato al senso di imprevedibilità degli eventi.

In questo periodo storico, in cui ogni routine si è improvvisamente interrotta, i bambini ed i ragazzi autistici sono stati messi particolarmente alla prova rispetto alla loro capacità di autocontenimento. Da un momento all’altro, si è interrotta la frequentazione scolastica, non hanno visto più docenti e compagni di scuola, tutte le attività extrascolastiche come attività ambulatoriali e riabilitative, nuoto, ippoterapia, altre attività sportive non c’erano più.

Questo ha determinano nelle persone con autismo un forte senso di smarrimento, collegato all’incomprensione di tutto quello che stava avvenendo. In tutto questo, improvvisamente si sono ritrovati in casa con tutti i membri della famiglia, senza poter nemmeno fare una passeggiata.

All’inizio, si è registrata la manifestazione di comportamenti di rabbia, l’intensificazione di comportamenti ossessivi, compensatori di uno stato d’ansia che era amplificato dalla difficoltà di comprendere cosa stava succedendo e perché. In alcuni casi, abbiamo osservato anche un’intensificazione di comportamenti aggressivi, come espressione del disagio vissuto, soprattutto laddove non è presente il linguaggio verbale e la possibilità di comunicazione, attraverso strumenti alternativi adeguati.

In questa fase, le famiglie hanno affrontato delle grandi difficoltà sia nello spiegare quanto stava avvenendo, sia nel fronteggiare la nuova situazione. Inoltre, grazie anche alla grande capacità di empatia emotiva, le persone con autismo, come sappiamo, assorbono, senza filtri, le impressioni emotive che derivano dalle persone, presenti nei contesti in cui vivono: “E’ raro che io sappia che cosa qualcuno stia effettivamente pensando, ma il convergere di emozioni è abbastanza frequente.”(Williams, cit. in Bodgashina, 2001, p. 102)

Questo ha determinano un aumento della difficoltà di autocontenimento, a causa dell’amplificazione delle risonanze emotive percepite.

Il Parent Training come supporto fondamentale per le famiglie

In una fase, in cui le relazioni sociali si sono ridotte e la famiglia si è trovata da sola a gestire i bambini ed i ragazzi, in assenza del riferimento della scuola e di supporti familiari o amicali, gli Incontri di Parent Training, realizzati con una frequenza quindicinale, hanno consentito di fornire un importante sostegno ai genitori, sia sul piano emotivo, sia sulla gestione pratica ed operativa dei loro figli.

Infatti, nel corso degli incontri, il consulente di riferimento della famiglia, grazie ad un rapporto di fiducia, (in alcuni casi costruito da anni di presa in carico, in altri casi, costruito nel corso dei mesi di lockdown), si è creato uno spazio, nel quale i genitori hanno avuto la possibilità di condividere le difficoltà che incontravano nella gestione, nella relazione e nella cura del proprio figlio: questo ha permesso loro di elaborare, nel rapporto con il consulente emozioni, che, altrimenti, avrebbero inciso nei rapporti e nella serenità dell’intero nucleo familiare, riducendo vissuti di solitudine o di senso di abbandono.

Al tempo stesso, il consulente ha sostenuto i genitori a riconoscere le risorse presenti nel contesto familiare, a valorizzarle ed ad esprimerle, evidenziando le opportunità evolutive insite nella situazione dell’emergenza sanitaria. Questo ha consentito ad ogni membro della famiglia di riconoscere l’importanza della propria partecipazione e di quanto sia essenziale l’intervento e l’energia di ciascuno nel cambiamento e nell’evoluzione della situazione.

Infatti, dopo una fase iniziale di disorientamento, abbiamo osservato un’attivazione di risorse da parte delle famiglie, che hanno utilizzato tutti gli strumenti necessari per spiegare, in modo visivo e facilmente comprensibile ai loro bambini e ragazzi quello che stava avvenendo: storie in CAA, storie sociali, agende visive, videomodeling.

Infatti, come sappiamo, gli strumenti visivi sono strategie in grado di ampliare il processo di comprensione e di comunicazione, basandosi sulle capacità della persona di acquisire l’informazione, attraverso il canale visivo: gli ausili visivi, come schede e calendari, hanno la funzione primaria di fornire l’informazione in una forma logica, strutturata e sequenziale.

L’informazione, data in una forma visiva concreta, aiuta le persone autistiche a gestire meglio eventi che, durante la giornata, sono fonte di confusione e frustrazione e la previsione delle attività della giornata fornisce alla persona con autismo la percezione di controllare meglio la propria vita e riduce di conseguenza, il suo livello di ansia e previene la manifestazione di crisi comportamentali, come espressioni di disagio.

Inoltre, l’attivazione della nuova modalità in remoto ha favorito e consolidato una maggiore partecipazione della famiglia rispetto all’applicazione di una serie di strumenti già concordati nell’arco dell’anno nei Parent Training, con particolare riferimento alla strutturazione ed agli ausili comunicativi. Infatti, i genitori, diventando parte attiva negli Interventi Abilitativi Domiciliari hanno avuto la possibilità in questo periodo di acquisire ed affinare competenze tecniche che nei Parent Training vengono ulteriormente riprese ed estese, prevedendo dei momenti di osservazione diretta di alcune attività.

In generale, la modalità in remoto ha favorito una maggiore presenza della famiglia: in particolare, le madri, che hanno partecipato alla realizzazione degli Interventi Abilitativi Domiciliari, hanno condiviso che la partecipazione attiva agli interventi, che comporta anche la preparazione di materiali necessari alle attività, ha permesso di acquisire maggiori competenze, nella gestione dei figli ed una maggiore consapevolezza dei loro limiti e delle loro risorse.

Un altro aspetto importante dei Parente Training a distanza è stato quello di consentire di lavorare con la famiglia sulla strutturazione dell’ambiente, osservandolo in tempo reale ad ogni incontro e non solo, come accade nel periodo precedente, nel contesto delle Consulenze Domiciliari.

L’osservazione diretta delle interazioni tra la madre ed il bambino o ragazzo, che avviene soprattutto nel contesto degli Interventi Abilitativi, ha consentito di cogliere degli aspetti della relazione che vengono ripresi con la famiglia nei Parent Training, favorendo una maggiore consapevolezza di come il livello comunicativo della famiglia spesso si può sclerotizzare intorno alle difficoltà specifiche del bambino e questo, non solo non agevola il cambiamento, ma lo impedisce, ostacolando l’emergere di possibilità nuove e diverse. Questo ha permesso di conoscere meglio le modalità relazionali e comunicative all’interno della famiglia, evidenziando come la modalità comunicativa è l’espressione dei rapporti più interni, collegate alle emozioni ed ai vissuti più intimi.

Infine, i Parent Training a distanza hanno anche permesso una maggior partecipazione di entrambi i genitori, soprattutto nelle situazioni, in cui il padre è stata in precedenza una figura maggiormente periferica nella gestione del figlio e di aumentare il livello di fiducia e di collaborazione tra la famiglia ed il consulente di riferimento.

L’Intervento Abilitativo Domiciliare

Una grande sfida, nel periodo dell’emergenza sanitaria, è stata la sperimentazione dell’intervento riabilitativo da remoto con bambini e ragazzi, che presentano un ritardo cognitivo, una difficoltà di attenzione e di autoregolazione emotiva.

In una fase iniziale, è stato necessario preparare questo importante cambiamento, attraverso l’adozione di strumenti visivi, come storie sociali e agende visive, in modo da rendere chiara la nuova modalità di intervento. Soprattutto per alcuni bambini, probabilmente a causa della mancanza della lettura della mente, era difficile comprendere che il proprio operatore fosse presente al di là dello schermo: questo ha prodotto un iniziale evitamento. Per questo, è stato necessario un training graduale, in cui esporre i bambini ed i ragazzi in modo progressivo all’uso del tablet o del pc o in alcuni casi, addirittura del cellulare, come strumento di mediazione con il proprio operatore di riferimento.

Successivamente, abbiamo osservato, anche in questo caso, un’attivazione di risorse: i bambini ed i ragazzi hanno iniziato a collaborare, per un tempo sempre maggiore, in modo proporzionale con il proprio livello di attenzione e con la collaborazione dei genitori, che a loro volta, hanno attivato risorse e acquisito nuove competenze, nel realizzare gli interventi con i loro figli.

La realizzazione degli Interventi Abilitativi Domiciliari è stata possibile, mediante la collaborazione e la presenza dei genitori, come supporto in presenza, grazie alla tipologia di attività strutturate, secondo la metodologia del TEACCH. Infatti, dopo una fase iniziale di addestramento dei genitori, grazie al fatto che le attività fossero già state preparate e strutturate dagli operatori, ha reso agevole il loro utilizzo, pur non avendo delle competenze tecniche.

Infatti, come sappiamo, i bambini autistici o con ritardo mentale grave hanno grosse difficoltà a strutturare autonomamente uno spazio mentale in cui l’attenzione sia orientata al compito da imparare. Per questo motivo, è fondamentale fornire una strutturazione esterna, attraverso l’uso di strumenti costruiti ad hoc, per eliminare qualsiasi stimolo distraente e per rendere il più chiaro possibile l’esecuzione del compito.

La strutturazione è la base fondamentale del TEACCH, e determina gli ambienti di lavoro, i tempi richiesti e i materiali che si utilizzano.

In quest’ottica strutturare lo spazio significa rispondere alla domanda “Dove?”. L’ambiente di lavoro organizzato in spazi chiaramente e visivamente delimitati (spazio di lavoro individuale, spazio di riposo, ecc.), ognuno con delle funzioni specifiche, chiaramente visualizzate, consente al bambino di sapere con precisione ciò che ci si aspetta da lui in ogni luogo e in ogni momento. E’ importante che ogni spazio sia dedicato ad una singola attività; in questo modo sarà molto più facile per il bambino orientarsi da solo e raggiungere presto un’autonomia di movimento che sarà per lui molto gratificante.

Strutturare il tempo significa rispondere alla domanda “Quando? Per quanto tempo?”. Poichè il passare del tempo è una nozione difficile da apprendere, perché si appoggia su dati non visibili, è importante strutturare la giornata attraverso una organizzazione del tempo che informi ad ogni momento il bambino su ciò che sta accadendo, che è accaduto e che accadrà; in questo modo la situazione diviene prevedibile e quindi controllabile e diminuisce l’incertezza, fonte di ansia. In pratica, ogni bambino dispone di una sua “agenda” giornaliera costituita da una sequenza di oggetti, immagini o parole scritte, a seconda delle sue abilità. Al termine di ogni attività ogni relativo simbolo verrà spostato dal bambino in un altro apposito spazio che registra il tempo trascorso; in questo modo, gli sarà possibile sapere in ogni momento quanto tempo è passato e quanto ne manca prima di tornare a casa. Tale strutturazione è stata fondamentale soprattutto nel periodo dell’emergenza sanitaria, in cui ogni routine ed ogni prevedibilità di azioni ed attività è completamente mancata improvvisamente.

Infine, strutturare il materiale di lavoro significa rispondere alla domanda “Che cosa?”. Oltre all’agenda giornaliera, il bambino dispone di uno schema di lavoro posizionato presso il tavolo di lavoro, costituito ad esempio da lettere dell’alfabeto o numeri, ognuno dei quali è riportato su una scatola di lavoro. L’attività da svolgere viene presentata in modo chiaro: ogni compito è contenuto in una scatola contrassegnata da un simbolo. Ogni scatola di lavoro contiene le diverse componenti ( a loro volta contrassegnate da un simbolo) presenti anche sul piano del banco in modo che il bambino le possa disporre nell’ordine esatto ed eseguire il lavoro da solo. E’ importante che, una volta disposto secondo le indicazioni visive, il compito sia “self-explaining”, cioè comprensibile senza bisogno di spiegazioni: incastri, puzzle, lavori di montaggio, ne rappresentano degli esempi.

Tutto questo ha permesso ai bambini di proseguire le attività a distanza e di raggiungere un maggior livello di autonomia nella loro realizzazione.

Infine, con i ragazzi più grandi, abbiamo anche osservato come questa nuova modalità di intervento ha permesso di incentivare il loro livello di autonomia: attraverso il tablet, il ragazzo progressivamente ha imparato a seguire le indicazioni dell’operatore, senza la necessità della sua presenza. Questo può rappresentare una nuova opportunità di intervento, che permette di migliorare il livello di autonomia dei ragazzi, con la possibilità anche di realizzare delle esperienze, limitate nel tempo, in modo semi-indipendente con il supporto dell’operatore a distanza.

Le testimonianze: Il punto di vista dell’operatore

“In questa nuova modalità il mio lavoro si focalizza non solo sul bambino, ma anche sulla madre per poterla sostenere in maniera adeguata ed efficace nelle attività con la bambina. Nonostante a volte la madre sia in difficoltà nel seguire le mie indicazioni, soprattutto quando F. esprime maggiore frustrazione, sta mostrando di sapersi mettere in gioco e sperimentarsi in cose nuove. A tal proposito, nonostante la distanza, nel periodo di intervento in remoto vengono introdotte alcune nuove attività a tavolino, coerentemente alla Programmazione Annuale e ai progressi del bambino, per le quali è necessario realizzare un training iniziale con la madre sulla corretta esecuzione dell’attività.

Questa nuova modalità è anche un’occasione per lavorare maggiormente sulla relazione madre-bambino, stimolando maggiori scambi giocosi e affettuosi tra le due.

Nonostante le perplessità iniziali, legate alle caratteristiche del bambino in relazione ad un intervento a distanza, questa nuova modalità porta ad evidenti miglioramenti sia nell’autonomia del vestirsi, sia nell’esecuzione delle attività a tavolino rispetto alle quali si osserva una riduzione delle richieste di aiuto di F. all’adulto. Allo stesso tempo, ha un eco positivo sulla madre che, per quanto maggiormente impegnata e più facilmente esposta a frustrazione di fronte alle difficoltà del bambino, riesce a vederne i miglioramenti e le risorse, acquisendo anche maggiori conoscenze tecniche da poter utilizzare nella quotidianità con F.

Il lavoro in remoto si dimostra così efficace da portare ad un aumento delle attività e ad un’ulteriore riorganizzazione della durata e della frequenza dell’intervento, che da un’ora in alcuni giorni passa ad un’ora e mezza. Il poter lavorare in videochiamata a distanza, in un periodo in cui l’interruzione del lavoro avrebbe portato ad uno stallo, si dimostra una preziosa risorsa per mantenere in allenamento le competenze acquisite e per favorire l’acquisizione di nuove abilità.”

 

“All’inizio del mese di marzo ci siamo trovati improvvisamente ad affrontare il COVID-19. Ci siamo attivati subito e abbiamo trovato i modi e le strategie per continuare a svolgere il nostro lavoro durante la quarantena, un lavoro che continua ad essere svolto tutt’ora online. Fino al momento della pandemia il lavoro si svolgeva in presenza, e mai avrei immaginato di trovarmi a lavorare attraverso uno schermo, quando ho ricevuto la proposta di lavorare a distanza con S. sono sorte diverse perplessità, avevo dei dubbi se ciò poteva essere fattibile, soprattutto sul piano relazionale. Conoscendo le difficoltà di S., immaginavo sarebbe stato difficile contenerla nei momenti di crisi. Presenta difficoltà significative a tollerare e gestire la frustrazione: nell’intervento in presenza richiede molto lavoro e contenimento per far rientrare la situazione, quando la frustrazione supera la sua soglia di tolleranza. Ho accolto la proposta a svolgere il lavoro a distanza ed ho iniziato ad organizzare l’intervento, in modo da renderlo motivante per S.

Il primo giorno che ci siamo viste è stato molto emozionante e bello, in quanto erano passate un paio di settimane senza vederci. Nel primo colloquio ho cercato di parlare con lei verbalizzando quello che stavamo vivendo, mettendo in risalto le paure e le difficoltà che stavamo incontrando, nello stare chiusi a casa, dandole anche le ragioni del perché dovevamo vederci via Skype. Abbiamo continuato a svolgere i compiti, con le dovute pause, prima dell’inizio delle lezioni scolastiche online, e anche in questo caso ha risposto con attenzione e tanta motivazione. L’intervento si svolge nella cameretta di S. senza la presenza del genitore, quindi il primo passo, per sostenere S. nella collaborazione, è stato quello di cercare di responsabilizzarla, dandole dei piccoli ruoli. É stata una scoperta importante nel costatare che la ragazza rimaneva seduta davanti allo schermo del computer, anche quando il lavoro si presentava per lei impegnativo. La distanza fisica ha attivato in lei la capacità di verbalizzare il disagio, riducendo il comportamento di urlare e buttarsi sul letto.

A volte capita che abbandoni la postazione, senza condividerlo con l’operatrice, per tornare subito dopo e scusarsi. In ogni intervento invito S. a riprendere il materiale che ci serve, e alla fine dell’intervento chiedo di rimetterlo a posto, è stato sorprendente vederla che mette tutto il materiale in ordine e lo fa con cura. Penso che l’intervento a distanza abbia ridotto lo spazio all’operatore di intervenire nei momenti di confusione, dando però più spazio a lei, e dandole così la possibilità di sperimentarsi e gestire le richieste dell’operatore in autonomia.”

Le testimonianze: Il punto di vista dei genitori

“Sono la mamma di un bambino dolce di 6 anni con problemi di autismo. All’inizio non ero tanto convinta di questo progetto ma col passare del tempo ho visto i miglioramenti, cose che non riusciva a fare come stare seduta, partecipare in classe e a spettacoli per più di 5min, stare insieme ad altri bambini, e cercare di comunicare e mostrare il suo affetto. Però adesso è molto più attiva.

Grazie alla rete internet abbiamo cominciato a fare interventi a distanza con videochiamate e direi che è molto efficace…. mi sono messa nei panni di una operatrice cosa non facile però direi molto istruttivo e in più ho potuto vedere degli aspetti di F. che diciamo che per quanti sforzi da mamma potevo fare a volte non riuscivo a comprendere. Però adesso diciamo che so come fare se ci fosse una crisi.. ritornando agli interventi mi sono anche divertita perché dovendo fare dei lavoretti insieme a F. mi sembrava di essere tornata bambina ed imparare insieme a lei. E la cosa più bella poi è stata la presenza della Dottoressa P. che è stata sempre presente”

Conclusioni

Possiamo dire che ancora una volta, i bambini ed i ragazzi autistici e le loro famiglie hanno mostrato una grande attivazione di risorse e che la sfida alla fine, tra difficoltà e criticità, è stata vinta!

Proprio grazie alla collaborazione preziosa ed essenziale delle famiglie, siamo riusciti a realizzare la maggior parte degli interventi abilitativi da remoto, riuscendo ad essere l’unico centro romano per la riabilitazione sull’autismo, che ha mantenuto, fin dall’inizio, una continuità importante, in questo periodo di vuoto e di incertezza