I principi di base del PEIAD: un approccio integrato al trattamento dell’autismo

L’autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo, biologicamente determinato, con esordio prima dei tre anni di vita.

 Nel DSM 5, la diagnosi di “Disturbo dello Spettro Autistico” (DSA) prende in considerazione i seguenti domini:

  • Dominio 1: deficit socio-comunicativo (componente sociale dei DSA);
  • Dominio 2: interessi ristretti e comportamenti ripetitivi (componente non sociale dei DSA).

 Per rispondere alle necessità delle famiglie e delle persone con DSA è stato elaborato l’approccio PEIAD (Progetto Evolutivo Integrato Autismo e Disabilità), che ha l’obiettivo di realizzare una presa in carico globale.

Il PEIAD integra, nell’intervento con l’autismo, i seguenti approcci:

- le strategie cognitivo-comportamentali, che hanno dimostrato una efficacia nell’intervento psico-educativo con l’autismo;

- l’approccio sistemico relazionale, che offre una visione globale della famiglia e delle sue dinamiche;

- l’approccio della psicologia transpersonale, che sostiene una visione evolutiva e spirituale dell’uomo.

Nell’affrontare il lavoro con i soggetti autistici e con i loro familiari, il PEIAD fonda il suo intervento su una visione della persona e dei sistemi come Coscienze evolventi. In particolare, riprende e sintetizza alcuni fondamenti della psicologia transpersonale, per la quale l’uomo è costituito da dimensioni, gerarchicamente ordinate, che vanno dalla più sottile alla più materiale (Assagioli, 1993; Tart, 1994).

Inoltre, il PEIAD considera il rapporto con la persona autistica come una straordinaria possibilità evolutiva per tutte le figure e i sistemi che sono coinvolti. La crisi, in quest’ottica, diventa una preziosa opportunità per sviluppare risorse nuove e per ampliare il raggio della propria consapevolezza (Sepe, Onorati, Rubino, Folino, 2011).

L’attitudine dei consulenti e degli operatori del PEIAD è quella di una costante messa in discussione, nella consapevolezza dell’importanza di mettersi in gioco nel rapporto con il bambino e con i contesti di riferimento. La crescita avviene specularmente e l’arricchimento che ne deriva, è reciproco.

Il bambino autistico è visto, quindi, come una risorsa che consente di scoprire ed accedere ad una sensibilità, sconosciuta prima, e di osservare la necessità di armonia in tutto ciò che ci circonda.

Elementi di base del PEIAD. sono la ricerca di canali di comunicazione, il più possibile efficaci e l’attitudine all’ascolto costante di sé, che permette di aprire uno spazio di comprensione ampio e accogliente, sia sul piano mentale sia sul piano emotivo, che consente ai bambini e i ragazzi autistici di sentirsi contenuti e riconosciuti nella loro globalità.

Gli operatori PEIAD, accanto ad un’applicazione attenta dei principi dell’approccio comportamentale, fondamentali per facilitare gli apprendimenti, lo sviluppo del linguaggio e la trasformazione del comportamento, si avvalgono, nel lavorare sulla relazione e sulla gestione del comportamento e delle emozioni, di due tecniche di comprovata efficacia: la Sospensione Strategica dell’Azione e il Contenimento Evolutivo.

La Sospensione Strategica dell’Azione consiste nel sospendere qualsiasi intervento, nel momento in cui ci si trova di fronte a situazioni incomprensibili e a risposte automatiche e ripetitive, introducendo una pausa mentale; attraverso di essa, realizzando un distacco dalle emozioni suscitate dalla situazione, è possibile osservare gli eventi da una prospettiva più lucida. Si tratta di un processo analogo a quello della meditazione, per cui l’effetto è quello di dare spazio all’intuizione e ad insight nuovi e creativi, rispetto a circostanze che sembravano incomprensibili e irrisolvibili.

Il Contenimento Evolutivo è una tecnica, che trova le sue radici negli studi effettuati dagli approcci etodinamici (Tinbergen, Tinbergen, 1984) e dalla successiva sintesi clinica sperimentata da Michele Zappella (1996). Questa tecnica, che con i bambini più piccoli può prevedere l’uso del corpo dell’operatore come contenitore, mentre in altri casi si avvale dell’uso della voce, ha l’obiettivo di sviluppare nella persona con disabilità una consapevolezza delle proprie emozioni, accompagnandola a dare loro un nome e a trasformarle.